lunedì 4 dicembre 2006

La strategia delle sfide - di Paolo Scaroni

Paolo Scaroni parla dell'Eni di oggi e del futuro, del suo ruolo internazionale e dei suoi successi. L’evoluzione delle scelte e delle innovazioni di Enrico Mattei nelle parole dell’amministratore delegato di Eni.

"Non ho conosciuto Enrico Mattei, se non indirettamente attraverso le testimonianze di quanti hanno vissuto lo sforzo creativo della nascita dell’azienda nel 1953; ma conosco ormai abbastanza bene Eni da avvertire che alcuni brillanti risultati di oggi sono il frutto – plasmato negli anni – di idee e ambizioni che furono proprie dei primi anni della storia dell’azienda. Mi riferisco in particolare a tre straordinari pilastri sui quali il fondatore Eni ha costruito un’impresa e un’idea di impresa straordinariamente moderne e avanzate: l’avvio dell’industria del gas in Italia con almeno un decennio di anticipo rispetto all’Europa, il tentativo di costruire nuovi rapporti di collaborazione con i paesi produttori, la modernizzazione della cultura d’impresa italiana.

Io ritengo – ma non sono il solo – che queste innovazioni abbiano contribuito a cambiare la storia economica dell’Italia e a dotare Eni di un carattere proprio che la differenzia ancora dalla gran parte dei suoi concorrenti. L’intuizione di Mattei di avviare lo sfruttamento del gas italiano prodotto e la metanizzazione del Paese è forse la più importante fra queste, anche se nacque da un “incidente”: l’Agip aveva cercato petrolio in Val Padana, ma aveva trovato il gas.

Per le società petrolifere del tempo, il ritrovamento di gas era considerato una iattura (e lo sarebbe rimasta a lungo) perché di fatto non esisteva un mercato del gas. Basti pensare che in tutta Europa il gas rappresentava meno dell’1% dell’energia complessivamente utilizzata. Mattei – comprendendo le potenzialità del settore – iniziò a posare tubi che portassero il gas ai principali centri di consumo del nord Italia.

La disponibilità di energia a basso costo fu per la rinascente industria italiana un catalizzatore di sviluppo, capace di sostenere il miracolo economico che avrebbe garantito al paese tassi di crescita fra i più alti d’Europa fra il 1957 e il 1962. Alla fine degli anni Cinquanta, l’Italia aveva già una rete di trasporto del gas di 6.000 km, la più estesa al mondo in rapporto al territorio e alla popolazione, la terza in termini assoluti dopo Usa e Urss. Il gas con la cosiddetta “rendita metanifera” rimase per decenni la fonte principale di utili per Eni, consentendo il finanziamento dello sviluppo all’estero anche nelle attività upstream. Da allora e fino alla fine del decennio scorso, Eni ha pienamente realizzato la sua missione di garantire la sicurezza energetica del Paese, dotando l’Italia di uno dei migliori sistemi infrastrutturali del gas al mondo, cosa piuttosto insolita in un paese come il nostro che non spicca certo per la qualità delle infrastrutture.

Ma il panorama è radicalmente cambiato. La liberalizzazione ha tolto a Eni la missione pubblica di garantire la sicurezza dell’approvvigionamento di gas per l’Italia, e il peso delle attività midstream e downstream gas italiane nel portafoglio Eni si è drasticamente ridotto. Oggi quelle attività contribuiscono all’utile operativo Eni per meno del 15% e sono, invece, le attività internazionali della compagnia a finanziare la crescita. Nondimeno, lo stimolo del modello offerto da Mattei consiste nel trasferire su scala globale i successi realizzati in campo nazionale, con la riproposizione di grandi progetti integrati in paesi dotati di riserve ma privi delle risorse necessarie a svilupparle e in nuovi mercati a elevato potenziale di crescita ma carenti di capacità infrastrutturale. Questo non vuol dire che l’Italia non sia più importante per noi. Ma soprattutto non significa che noi non siamo più importanti per l’Italia. Al contrario, continuo a credere fermamente che Eni sia forse il solo soggetto italiano in grado di confrontarsi alla pari con i grandi paesi produttori. E un rapporto di collaborazione paritaria con i paesi fornitori di gas è e sarà cruciale per garantire all’Italia approvvigionamenti certi a prezzi competitivi. Anche il secondo importante pilastro dell’eredità di Mattei nasce in realtà da una condizione di svantaggio. L’Italia era un paese povero di risorse energetiche e relegato a un ruolo marginale sul piano internazionale. Il mondo del petrolio era dominato da sette grandi società petrolifere an-glo-americane – le cosiddette “Sette Sorelle” – che avevano di fatto il monopolio delle forniture di greggio all’Europa occidentale. Per ottenere il suo “posto al sole” in un panorama di spazi molto limitati, Mattei propose un nuovo sistema di relazioni contrattuali con i paesi produttori. Tale sistema garantiva a questi ultimi sia una maggiore partecipazione ai profitti dalla produzione petrolifera, sia il coinvolgimento paritario nella guida delle attività di estrazione e commercializzazione del greggio: innovazioni radicali rispetto agli equilibri su cui poggiava il potere delle “Sette Sorelle”.

La fine prematura della vicenda umana di Mattei non gli consentì di raggiungere i risultati sperati. Nel 1962, alla morte di Mattei, Eni produceva meno di 160.000 boe/giorno di idrocarburi, di cui 120.000 erano costituiti dal gas prodotto in Italia. All’estero erano attivi soltanto 18 pozzi petroliferi. Mattei riuscì comunque a seminare il terreno sul quale Eni negli anni successivi ha costruito non solo la sua reputazione unica di impresa comunque “diversa”, ma è riuscita a espandersi decennio dopo decennio fino a diventare la sesta compagnia petrolifera mondiale. A inizio 2006, Eni produce oltre 1,8 milioni di barili giorno in oltre 20 paesi e ha costruito solide basi nelle aree produttive a maggiore potenziale di crescita al mondo. Ma oggi, come ieri, la “formula Mattei”, intesa come la capacità di uscire fuori dagli schemi e immaginare soluzioni innovative per cooperare con i paesi produttori, è la vera sfida per Eni e per tutta l’industria petrolifera. In un contesto di accesa competizione, in cui le imprese petrolifere internazionali possono accedere a meno del 20% delle riserve provate di idrocarburi, è necessario tornare all’approccio di Mattei per allacciare nuovi rapporti con i paesi produttori. Ancora una volta, Eni seguirà la strada della collaborazione e della comprensione, cercando soluzioni innovative che vadano incontro alle necessità del paese produttore, pur perseguendo al contempo i propri obiettivi di business. In quest’ottica rientrano i grandi progetti integrati lungo la filiera oil&gas – dalla produzione, al trattamento e trasporto, fino agli impieghi finali a scopi industriali – che consentono l’accesso alle riserve di idrocarburi così come lo sviluppo industriale del paese produttore. La conduzione di tali progetti farà leva sulla disponibilità di un unicum di competenze ingegneristiche e tecnologiche che rappresenta un importante vantaggio competitivo per Eni rispetto ai suoi concorrenti. Un vantaggio che trae le sue origini proprio nel disegno concepito da Mattei di dotare Eni di capacità tecniche di eccellenza al servizio delle attività petrolifere, attraverso le società Saipem e Snamprogetti. Il terzo grande pilastro della creazione di Mattei ha un carattere più filosofico e metodologico, poiché riguarda lo spirito di modernità con cui egli seppe interpretare il concetto di impresa, uscendo ancora una volta al di fuori di schemi precostituiti e conosciuti. Tanto per cominciare, Mattei disegnò la struttura organizzativa Eni secondo i più moderni precetti della scienza organizzativa sviluppati negli Stati Uniti, e a tal fine si rivolse al miglior esperto dell’epoca (la società Booz Allen). Nel formare la sua squadra, Mattei volle le intelligenze più brillanti dell’epoca e non ebbe timore di affidare incarichi di responsabilità ai giovani. Mattei promosse anche una serie di interventi architettonici assolutamente innovativi, come il centro direzionale di Metanopoli e il palazzo Eni a Roma, affidandosi ai migliori esperti di architettura dell’epoca.

Non solo. Egli dedicò molta attenzione alla formazione specialistica del personale e creò nel 1957 la Scuola Superiore per gli Idrocarburi che, a partire dal 1969, prese il suo nome. Molti dei ragazzi stranieri, che hanno frequentato la scuola nel corso degli anni, hanno assunto ruoli importanti nei paesi di provenienza e mantenuto solide relazioni di collaborazione con Eni. Ancora oggi la società continua ad attribuire una grande importanza allo sviluppo sia delle competenze e conoscenze tecniche dei suoi professionisti sia dell’attitudine a lavorare in contesti culturali internazionali. Naturalmente, in oltre cinquant’anni di storia il contesto di riferimento è totalmente cambiato: sono cambiati l’Italia, il mondo, i concorrenti, i temi geopolitici, le logiche di business. Soprattutto è cambiata Eni, allora ente di Stato nella sua infanzia, finanziato dal denaro pubblico, oggi una delle più grandi società petrolifere al mondo, quotata alle borse di Milano e New York. Sarebbe ingenuo riproporre lo stile di Mattei e affrontare le sfide di oggi come lui fece con quelle del passato. La vera eredità che Mattei ci lascia, quindi, è il messaggio, la lungimiranza, la capacità di affrontare i problemi e anche le sconfitte in modo innovativo, la volontà di compiere scelte audaci per costruire il futuro. E su questo messaggio – tuttora presente nel patrimonio genetico Eni vale la pena di investire ancora per alimentare con nuova linfa lo sviluppo di domani".

Paolo Scaroni, Amministratore Delegato Eni