martedì 13 febbraio 2007

"Energy Security and Italian Foreign Policy: the European Perspective" – Discorso di Paolo Scaroni alla Farnesina

Roma, 13 febbraio 2007

Paolo Scaroni alla presentazione del XX Congresso mondiale dell’Energia affronta il tema degli approvvigionamenti di idrocarburi.
“La sicurezza degli approvvigionamenti energetici è un tema che interessa tutti noi: governi, industria e consumatori, poiché tutti facciamo affidamento su una fornitura costante di energia. Quando parliamo di sicurezza degli approvvigionamenti, la prima domanda da porsi è: siamo preoccupati per il petrolio oppure per il gas? Negli ultimi anni le due questioni hanno finito per essere confuse in un unico grande allarme energetico.
Ma la verità è che esistono profonde differenze tra il settore petrolifero e quello del gas. Per quanto riguarda il petrolio, i prezzi relativamente elevati che abbiamo visto sono semplicemente l’evidenza di un mercato ciclico.
Per il gas, invece, la sicurezza degli approvvigionamenti è un argomento più complesso. Il primo problema riguarda l’aumento del consumo. I bassi prezzi del gas che abbiamo sperimentato negli anni novanta, uniti ad una maggiore attenzione all’ambiente, hanno infatti fatto crescere il consumo mondiale di gas di circa il 3% l’anno negli ultimi dieci anni – quasi il doppio della crescita nel mercato del petrolio. Oggi il gas è il combustibile principale per la generazione di energia in tutto il mondo.
Chiaramente, questa “corsa al gas” ha spremuto le riserve e alzato i prezzi.
Considerando questa crescita della domanda, e la diminuzione della produzione propria, si stima che le importazioni di gas in Europa dovranno aumentare di circa 200 bcm entro il 2014.
Dove troveremo tutto questo gas?”

Energy Security and Italian Foreign Policy: the European Perspective

Intervento Palo Scaroni, AD Eni

Martedì 13 febbraio 2007

Buongiorno a tutti.

La sicurezza degli approvvigionamenti energetici è un tema che interessa tutti noi: governi, industria e consumatori, poiché tutti facciamo affidamento su una fornitura costante di energia.

Oggi vorrei parlarvi delle circostanze che minano la nostra sicurezza energetica, e di come possiamo mitigare i rischi che corriamo.

Quando parliamo di sicurezza degli approvvigionamenti, la prima domanda da porsi è: siamo preoccupati per il petrolio oppure per il gas? Negli ultimi anni le due questioni hanno finito per essere confuse in un unico grande allarme energetico.

Ma la verità è che esistono profonde differenze tra il settore petrolifero e quello del gas.

Per quanto riguarda il petrolio, i prezzi relativamente elevati che abbiamo visto sono semplicemente l’evidenza di un mercato ciclico. Sono una conseguenza diretta dei prezzi ridotti che abbiamo osservato negli anni novanta, prezzi così bassi che hanno scoraggiato gli investimenti in produzione e raffinazione.

Ora, il ciclo sta girando nella direzione opposta, con un rallentamento della domanda e un boom negli investimenti. Infatti, il prezzo del petrolio è già sceso rispetto ai picchi del 2006.

Nel mercato del petrolio il problema non è quindi la sicurezza degli approvvigionamenti. E’ semplicemente una questione di prezzo, che aumenta e diminuisce ciclicamente come è sempre accaduto.

Tornando al gas, tuttavia, la sicurezza degli approvvigionamenti è un argomento più complesso.

Il primo problema riguarda l’aumento del consumo. I bassi prezzi del gas che abbiamo sperimentato negli anni novanta, uniti ad una maggiore attenzione all’ambiente, hanno infatti fatto crescere il consumo mondiale di gas di circa il 3% l’anno negli ultimi dieci anni – quasi il doppio della crescita nel mercato del petrolio.

Oggi il gas è il combustibile principale per la generazione di energia in tutto il mondo.

Chiaramente, questa “corsa al gas” ha spremuto le riserve e alzato i prezzi.

Nel 1998, il prezzo del gas nel Regno Unito era di circa 2 $/MBtu. Nel dicembre del 2005, il prezzo medio era salito addirittura a 15 $/MBtu. Persino oggi, quando l’Europa sta attraversando uno degli inverni più miti mai registrati, il prezzo è di circa 6 $/MBtu.

Vi dico tutto ciò per illustrare che oggi siamo altamente dipendenti dal gas, che costa carissimo.

In un mercato normale, la situazione si correggerebbe in maniera naturale. I prezzi alti porterebbero a maggiori investimenti nell’esplorazione e nella produzione, e alla fine i prezzi scenderebbero di nuovo.

Ma il mercato del gas non è un mercato normale.

Oggi il gas è ancora in gran parte trasportato da Paesi vicini tramite gasdotti.

Questo modello punto-punto impedisce al mercato del gas di divenire globale come quello del petrolio. Abbiamo soltanto una serie di mercati regionali del gas, di cui i più grandi sono l’Europa e gli Stati Uniti.

Questi mercati sono molto diversi l’uno dall’altro.

In primo luogo, l’Europa dispone di pochissimo gas proprio. Sebbene consumi il 20% del gas mondiale, detiene soltanto il 2% delle riserve globali.

Il gas arriva principalmente da Russia e Algeria, attraverso le due compagnie di stato Gazprom e Sonatrach. Questi due paesi vantano più del 60% delle importazioni totali, e ogni anno aumentano la loro quota.

La situazione negli Stati Uniti è molto più equilibrata. Il Nord America è praticamente autosufficiente, e importa solo il 3% del gas consumato.

Ma il mercato europeo del gas non è complesso solo dal punto di vista strutturale; abbiamo anche fatto delle scelte dal punto di vista politico che non hanno sortito l’effetto desiderato.

In Europa, i politici e i regolatori si sono focalizzati sulla liberalizzazione del mercato interno – importando il modello americano, ma dimenticando che, a differenza degli Stati Uniti, l’Europa continentale non è autosufficiente per quanto riguarda gli approvvigionamenti di gas.

Le liberalizzazioni hanno quindi frammentato il potere dei compratori, dando ancora più potere ai fornitori. E questo ha favorito l’aumento, invece che la diminuzione, dei prezzi.

In questo contesto, bisogna dire che i consumi di gas non faranno che crescere in Europa, stimolati dalla necessità di rispettare gli obiettivi di Kyoto, che a grandi linee vuol dire meno carbone e più gas.

Considerando questa crescita della domanda, e la diminuzione della produzione propria, si stima che le importazioni di gas in Europa dovranno aumentare di circa 200 bcm entro il 2014.

Dove troveremo tutto questo gas?

Circa 80 bcm arriveranno in Europa attraverso nuovi gasdotti, principalmente dalla Russia.

Gli altri 120 bcm dovranno arrivare in Europa in forma di gas liquefatto.

Questa è una quantità assolutamente astronomica.

Per capire cosa vuol dire, pensate un momento alle infrastrutture che bisognerebbe costruire. Per importare 120 bcm di gas liquefatto, bisognerebbe realizzare circa 15 nuovi rigassificatori per un investimento di circa 10 miliardi di euro.

E i rigassificatori sono solo l’ultimo anello della catena. Anche se li avessimo, non servirebbero a nulla senza la corrispondente capacità di liquefazione.

A questo punto sarebbe necessario costruire anche 15 nuovi impianti di liquefazione, per un investimento di 40 miliardi di euro. E questi 40 miliardi non sarebbero da investire in Svizzera. Sarebbero da investire in paesi di difficile accesso, quali Indonesia, Nigeria and Angola.

Il rischio è chiaro. In Europa potremmo dover affrontare una carenza di gas.

Ci sono 3 modi per ridurre questo rischio.

1. Per prima cosa, l’Europa deve capire che lo scenario è mutato. Le modalità di liberalizzazione che erano appropriate in passato, quando il prezzo del gas era basso e la produzione sovrabbondante, non sono più attuali. Oggi, i produttori hanno tutte le carte in mano. In questo contesto, frammentare il mercato interno non porta ad un abbassamento dei prezzi bensì ad un aumento.

2. La seconda cosa da fare è interconnettere il mercato europeo, affinché il gas possa essere convogliato ovunque sia necessario. Questo significa creare una rete di trasporto pan-europea.

3. Terzo, la domanda deve essere gestita da politici e regolatori, che hanno gli strumenti per incentivare l’efficienza energetica e favorire l’utilizzo di altre fonti energetiche. Le problematiche ambientali vanno bilanciate con l’obiettivo di assicurare la sicurezza energetica.

Questi tre accorgimenti potranno limitare i rischi di una carenza di gas, ma non modificano la situazione di fondo. Niente può cambiare il fatto che, per il futuro prevedibile, l’Europa continuerà ad essere estremamente dipendente dalle forniture di gas Algerine e Russe.

Gazprom sarà il pilastro della sicurezza energetica in Europa nei prossimi decenni. Per renderci conto dell’importanza di Gazprom per la sicurezza energetica europea, vi basterà pensare che Lituania, Finlandia, Latvia e Slovacchia dipendono dalla Russia al 100%, l’Ungheria all’80%, la Germania al 50% e la Francia al 30%.

E visto che questa situazione non la si può mutare, bisogna gestirla al meglio.

La politica estera di ciascun paese, e naturalmente dell’Unione Europea, dovrebbe essere volta alla creazione di legami solidi con la Russia.

Questo non è impossibile. La nuova Russia ha bisogno di avvicinarsi all’Europa. Attraverso l’Europa vuole ottenere stabilità politica e rispetto. Inoltre, cerca di monetizzare le sue immense risorse naturali, e vuole modernizzare il paese con un’iniezione di tecnologia occidentale.

Noi Europei abbiamo molto in comune con i Russi: una lunga storia, una cultura condivisa e i valori delle nostre radici cristiane. E’ su queste basi che i nostri leader possono e devono costruire un’Europa allargata, prosperosa, e certa della propria sicurezza energetica.

In tutto ciò, anche il mondo dell’industria può dare una mano. E’ compito delle principali società energetiche, come Eni, operare accanto ai politici europei per creare legami commerciali e tecnologici con la Russia, legami che sommati ad una politica estera saggia e oculata, contribuiscano alla nostra sicurezza energetica.

Grazie per la vostra attenzione.