giovedì 23 ottobre 2008

Contro gli alti prezzi: risparmi, investimenti e trasparenza

Ecco un articolo apparso su OilTabloid di Eni in cui Paolo Scaroni, amministratore delegato della società, illustra la sua ricetta per il risparmio energetico.

"Eliminare la speculazione dal mondo del petrolio risolverebbe il problema degli alti prezzi? Pur essendo il fenomeno speculativo rilevante, sono altre le cause di fondo della situazione attuale. Gli alti prezzi del petrolio sono la conseguenza di quasi vent’anni di prezzi bassi, che hanno comportato una scarsità di investimenti in esplorazione. Il risultato: una crescita produttiva troppo lenta per tenere il passo con il vertiginoso aumento della domanda, spinto anche dallo sviluppo delle nuove economie asiatiche. La combinazione di questi due fattori ha portato la spare capacity, cioè la riserva di produzione inutilizzata, disponibile per far fronte ad imprevisti blocchi produttivi di origine politica, meteorologica o tecnica, a ridursi rapidamente. Siamo passati da un picco di circa il 15% all’inizio degli anni 80 al 3% di oggi. Una spare capacity del 3% è assimilabile alla produzione di singoli stati quali l’Iraq, la Nigeria o il Venezuela. Disponiamo quindi di una margine di manovra drammaticamente limitato.
Basterebbe questo per spiegare il repentino rincaro del petrolio. A ciò dobbiamo però aggiungere un rapido aumento della speculazione, i cosiddetti barili di carta. Basti pensare che dal 2000 ad oggi il numero medio giornaliero di contratti futures, che impegnano i sottoscrittori a comprare o vendere petrolio a termine, è triplicato.

Ogni giorno passano di mano ben oltre un miliardo di barili di carta a fronte di un consumo fisicodi circa 85 milioni di barili. Che fare dunque per ricondurre il prezzo del barile a livelli più accettabili?
La ricetta deve comprendere azioni volte a riequilibrare il mercato fisico, da un lato, e a regolare il fenomeno speculativo, dall’altro. Nell’immediato, l’unico modo di ricostruire una spare capacity adeguata è ridurre i consumi, adottando comportamenti più razionali. Si pensi che se gli Stati Uniti si dotassero di un parco macchine efficiente quanto quello europeo ridurremmo la domanda mondiale di petrolio di circa 4 milioni di barili al giorno. Solo questo basterebbe per ricondurre la spare capacity ad un più rassicurante 8% del consumo mondiale, allentando le tensioni del mercato.
Anche a casa nostra vi sono ampi spazi di miglioramento. L’Unione Europea ipotizza che aumentando l’efficienza del condizionamento e riscaldamento nel settore civile si ridurrebbero i consumi di energia di circa un milione e mezzo di barili al giorno equivalenti, risparmio che, seppure costituito solo in parte da petrolio, potrebbe comunque dare un contributo alla ripresa della spare capacity.

Passando alle strategie di medio-lungo periodo, possiamo ridurre i consumi di petrolio adottando una politica energetica differenziata, che preveda lo sviluppo del nucleare per la generazione elettrica ed un maggiore utilizzo dell’elettricità per il riscaldamento ed il trasporto. Tale strategia si deve costruire già da oggi, avviando la progettazione e la costruzione di nuove centrali nucleari.
Le azioni per contenere i consumi di petrolio non sono l’unica leva di cui disponiamo per riequilibrare il mercato. Dobbiamo anche agire sul lato dell’offerta, creando le condizioni per favorire maggiori investimenti in esplorazione e produzione.
Si dovrebbero adottare formule contrattuali di lungo periodo che prevedano l’impegno ad acquistare quantità di petrolio predefinite a prezzi fissi. Contratti simili ai “take or pay” del settore gas. Sarebbe un modo per rassicurare i produttori che oggi limitano gli investimenti nel timore di un crollo del prezzo, cancellando inoltre le diffidenze verso i nostri progetti di risparmio energetico.

Dal lato della speculazione, poi, è necessario affrontare il tema aumentando la trasparenza del mercato e riducendo i volumi delle operazioni finanziarie. Sul primo punto servono norme che garantiscano la completa tracciabilità degli scambi, sia nei mercati regolati che al di fuori di essi, e che attribuiscano nuovi poteri agli organi di controllo sul mercato dei derivati. È inoltre importante assicurare una maggiore trasparenza nell’informazione al pubblico, corredando le previsioni diffuse dai grandi investitori con un’informativa sulle posizioni che questi assumono nel mercato dei derivati. Sul secondo punto possiamo intervenire per limitare la possibilità di ricorso al debito nella compravendita di petrolio a termine, alzando la proporzione del valore del contratto che va depositato prima di ogni operazione dall’attuale 7% ad un più razionale 20–25%.

Un piano dagli effetti troppo remoti? La sola notizia di iniziative concertate a livello internazionale contro il caro-greggio avrebbe conseguenze immediate. L’effetto annuncio che spesso gioca a favore degli speculatori potrebbe stavolta giocare contro di loro, invertendo l’attuale tendenza che rischia di mettere in ginocchio l’economia mondiale.Per ricondurre il prezzo del barile a livelli più accettabili servirebbero azioni volte a riequilibrare il mercato fisico, da un lato, e a regolare il fenomeno speculativo, dall’altro."