mercoledì 28 febbraio 2007

Paolo Scaroni: M'illumino di meno

Borsa Italiana - 16 Febbraio 2007

Paolo Scaroni conferma l'adesione di Eni alla giornata nazionale per il risparmio energetico.

"il Cane a sei zampe lancia un messaggio di adesione all'iniziativa, con una dichiarazione dell'amministratore delegato Paolo Scaroni, secondo cui "risparmiare energia è un dovere nei confronti di chi verrà dopo di noi. È la nostra sfida per il futuro."



Leggi l'articolo su "Borsa Italiana" (16/02/2007)

sabato 24 febbraio 2007

Eni, conti record: utili a 9,2 miliardi

Il Sole 24 Ore – 24 febbraio 2007
Eni ha chiuso il 2006 con un utile record: 9,22 miliardi di euro (+4,9%). E ha presentato un piano di investimenti per 44,6 miliardi per il 2007-2010. Il gruppo guidato da Paolo Scaroni ha realizzato 86,1 miliardi di ricavi (+16,8%) e ha raggiunto un livello di produzione media giornaliera di 1,770 milioni di barili equivalenti di petrolio. Paolo Scaroni ha annunciato che il giacimento di Kashagan, nel Mar Caspio, sarà avviato nel 2010 e produrrà a regime oltre 1,5 milioni di barili al giorno.


Leggi l'articolo (su www.ilsole24ore.com)

venerdì 23 febbraio 2007

Conti d'oro: Eni, ancora un anno da record. Super dividendo di 1,25 euro

Affari Italiani – 23 febbraio 2007
Il colosso petrolifero guidato da Paolo Scaroni non conosce sosta e archivia un bilancio 2006, come lo ha definito il numero del cane a sei zampe, da "record". Tutte le principali voci dei conti Eni (utile netto e ricavi) che descrivono l'attività economica del gruppo di San Donato sono in crescita.

Leggi l'articolo (su canali.libero.it/affaritaliani/economia)

martedì 20 febbraio 2007

Eni avrà rigassificatore nel mar Adriatico

Il Giornale - 20 febbraio 2007
Eni potrebbe costruire un rigassificatore off-shore nell’alto-medio Adriatico. Lo ha detto Paolo Scaroni, a margine di un convegno. “Stiamo operando - ha spiegato - per fare un rigassificatore off-shore al largo delle coste, che porterà il gas sulla terraferma, con condotte sottomarine, che, per ridurre l’impatto ambientale, verranno fatte correre dove già ci sono delle condotte che portavano il gas da campi oggi esauriti”. Per quanto riguarda la localizzazione, “non sarà - aggiunge - nell’estremo sud perchè il mare è troppo mosso, ma nell’alto-medio Adriatico”. Da tempo Eni sta studiando un progetto per realizzare un rigassificatore per incrementare l’import di gas.

L'affondo di Scaroni "Danni da troppe regole"

Il Sole 24 Ore - 20 febbraio 2007
I regulator non devono perdere “l’obiettivo di dare certezze agli operatori”. E’ quanto dichiara Paolo Scaroni. Secondo l’amministratore delegato di Eni l’eccessiva regolamentazione delle authority “certo non contribuisce a creare o mantenere dinamiche competitive”. Oggetto della critica è soprattutto l’attuale presidenza dell’authority per l’Energia che ha colpito Eni con ammende pari a 500 milioni di euro, con “885 delibere emanate in tre anni - ricorda Scaroni - a fronte delle 524 del periodo di Ranci, delle 139 emanate dal regolatore francese e infine delle 227 dello spagnolo”. Tutto ciò, ha aggiunto, “ha complicato non poco la vita degli operatori confondendo loro le idee”.

sabato 17 febbraio 2007

Energia, spezzatino Ue dannoso

Paolo Scaroni boccia la proposta di Bruxelles sulla divisione di proprietà tra gestori e produttori. “Lo spezzatino di Snam Rete Gas oltre a essere inutile e dannoso non risolve i problemi del gas – ha dichiarato a margine di un convegno milanese sulle utilities –. Ho visto con piacere che la direttiva sulla separazione delle reti verrà modificata a seguito della presa di posizione dei ministri inglese (soprattutto), francese e tedesco. Il mercato è cambiato e pensare che la soluzione sia lo spezzettamento di Eni a me sembra illusorio. Bisogna ripensare le politiche concepite quando il gas era copioso, costava poco e se ne consumava meno. C’è bisogno di grandi imprese per dialogare con i big”.

martedì 13 febbraio 2007

"Energy Security and Italian Foreign Policy: the European Perspective" – Discorso di Paolo Scaroni alla Farnesina

Roma, 13 febbraio 2007

Paolo Scaroni alla presentazione del XX Congresso mondiale dell’Energia affronta il tema degli approvvigionamenti di idrocarburi.
“La sicurezza degli approvvigionamenti energetici è un tema che interessa tutti noi: governi, industria e consumatori, poiché tutti facciamo affidamento su una fornitura costante di energia. Quando parliamo di sicurezza degli approvvigionamenti, la prima domanda da porsi è: siamo preoccupati per il petrolio oppure per il gas? Negli ultimi anni le due questioni hanno finito per essere confuse in un unico grande allarme energetico.
Ma la verità è che esistono profonde differenze tra il settore petrolifero e quello del gas. Per quanto riguarda il petrolio, i prezzi relativamente elevati che abbiamo visto sono semplicemente l’evidenza di un mercato ciclico.
Per il gas, invece, la sicurezza degli approvvigionamenti è un argomento più complesso. Il primo problema riguarda l’aumento del consumo. I bassi prezzi del gas che abbiamo sperimentato negli anni novanta, uniti ad una maggiore attenzione all’ambiente, hanno infatti fatto crescere il consumo mondiale di gas di circa il 3% l’anno negli ultimi dieci anni – quasi il doppio della crescita nel mercato del petrolio. Oggi il gas è il combustibile principale per la generazione di energia in tutto il mondo.
Chiaramente, questa “corsa al gas” ha spremuto le riserve e alzato i prezzi.
Considerando questa crescita della domanda, e la diminuzione della produzione propria, si stima che le importazioni di gas in Europa dovranno aumentare di circa 200 bcm entro il 2014.
Dove troveremo tutto questo gas?”

Energy Security and Italian Foreign Policy: the European Perspective

Intervento Palo Scaroni, AD Eni

Martedì 13 febbraio 2007

Buongiorno a tutti.

La sicurezza degli approvvigionamenti energetici è un tema che interessa tutti noi: governi, industria e consumatori, poiché tutti facciamo affidamento su una fornitura costante di energia.

Oggi vorrei parlarvi delle circostanze che minano la nostra sicurezza energetica, e di come possiamo mitigare i rischi che corriamo.

Quando parliamo di sicurezza degli approvvigionamenti, la prima domanda da porsi è: siamo preoccupati per il petrolio oppure per il gas? Negli ultimi anni le due questioni hanno finito per essere confuse in un unico grande allarme energetico.

Ma la verità è che esistono profonde differenze tra il settore petrolifero e quello del gas.

Per quanto riguarda il petrolio, i prezzi relativamente elevati che abbiamo visto sono semplicemente l’evidenza di un mercato ciclico. Sono una conseguenza diretta dei prezzi ridotti che abbiamo osservato negli anni novanta, prezzi così bassi che hanno scoraggiato gli investimenti in produzione e raffinazione.

Ora, il ciclo sta girando nella direzione opposta, con un rallentamento della domanda e un boom negli investimenti. Infatti, il prezzo del petrolio è già sceso rispetto ai picchi del 2006.

Nel mercato del petrolio il problema non è quindi la sicurezza degli approvvigionamenti. E’ semplicemente una questione di prezzo, che aumenta e diminuisce ciclicamente come è sempre accaduto.

Tornando al gas, tuttavia, la sicurezza degli approvvigionamenti è un argomento più complesso.

Il primo problema riguarda l’aumento del consumo. I bassi prezzi del gas che abbiamo sperimentato negli anni novanta, uniti ad una maggiore attenzione all’ambiente, hanno infatti fatto crescere il consumo mondiale di gas di circa il 3% l’anno negli ultimi dieci anni – quasi il doppio della crescita nel mercato del petrolio.

Oggi il gas è il combustibile principale per la generazione di energia in tutto il mondo.

Chiaramente, questa “corsa al gas” ha spremuto le riserve e alzato i prezzi.

Nel 1998, il prezzo del gas nel Regno Unito era di circa 2 $/MBtu. Nel dicembre del 2005, il prezzo medio era salito addirittura a 15 $/MBtu. Persino oggi, quando l’Europa sta attraversando uno degli inverni più miti mai registrati, il prezzo è di circa 6 $/MBtu.

Vi dico tutto ciò per illustrare che oggi siamo altamente dipendenti dal gas, che costa carissimo.

In un mercato normale, la situazione si correggerebbe in maniera naturale. I prezzi alti porterebbero a maggiori investimenti nell’esplorazione e nella produzione, e alla fine i prezzi scenderebbero di nuovo.

Ma il mercato del gas non è un mercato normale.

Oggi il gas è ancora in gran parte trasportato da Paesi vicini tramite gasdotti.

Questo modello punto-punto impedisce al mercato del gas di divenire globale come quello del petrolio. Abbiamo soltanto una serie di mercati regionali del gas, di cui i più grandi sono l’Europa e gli Stati Uniti.

Questi mercati sono molto diversi l’uno dall’altro.

In primo luogo, l’Europa dispone di pochissimo gas proprio. Sebbene consumi il 20% del gas mondiale, detiene soltanto il 2% delle riserve globali.

Il gas arriva principalmente da Russia e Algeria, attraverso le due compagnie di stato Gazprom e Sonatrach. Questi due paesi vantano più del 60% delle importazioni totali, e ogni anno aumentano la loro quota.

La situazione negli Stati Uniti è molto più equilibrata. Il Nord America è praticamente autosufficiente, e importa solo il 3% del gas consumato.

Ma il mercato europeo del gas non è complesso solo dal punto di vista strutturale; abbiamo anche fatto delle scelte dal punto di vista politico che non hanno sortito l’effetto desiderato.

In Europa, i politici e i regolatori si sono focalizzati sulla liberalizzazione del mercato interno – importando il modello americano, ma dimenticando che, a differenza degli Stati Uniti, l’Europa continentale non è autosufficiente per quanto riguarda gli approvvigionamenti di gas.

Le liberalizzazioni hanno quindi frammentato il potere dei compratori, dando ancora più potere ai fornitori. E questo ha favorito l’aumento, invece che la diminuzione, dei prezzi.

In questo contesto, bisogna dire che i consumi di gas non faranno che crescere in Europa, stimolati dalla necessità di rispettare gli obiettivi di Kyoto, che a grandi linee vuol dire meno carbone e più gas.

Considerando questa crescita della domanda, e la diminuzione della produzione propria, si stima che le importazioni di gas in Europa dovranno aumentare di circa 200 bcm entro il 2014.

Dove troveremo tutto questo gas?

Circa 80 bcm arriveranno in Europa attraverso nuovi gasdotti, principalmente dalla Russia.

Gli altri 120 bcm dovranno arrivare in Europa in forma di gas liquefatto.

Questa è una quantità assolutamente astronomica.

Per capire cosa vuol dire, pensate un momento alle infrastrutture che bisognerebbe costruire. Per importare 120 bcm di gas liquefatto, bisognerebbe realizzare circa 15 nuovi rigassificatori per un investimento di circa 10 miliardi di euro.

E i rigassificatori sono solo l’ultimo anello della catena. Anche se li avessimo, non servirebbero a nulla senza la corrispondente capacità di liquefazione.

A questo punto sarebbe necessario costruire anche 15 nuovi impianti di liquefazione, per un investimento di 40 miliardi di euro. E questi 40 miliardi non sarebbero da investire in Svizzera. Sarebbero da investire in paesi di difficile accesso, quali Indonesia, Nigeria and Angola.

Il rischio è chiaro. In Europa potremmo dover affrontare una carenza di gas.

Ci sono 3 modi per ridurre questo rischio.

1. Per prima cosa, l’Europa deve capire che lo scenario è mutato. Le modalità di liberalizzazione che erano appropriate in passato, quando il prezzo del gas era basso e la produzione sovrabbondante, non sono più attuali. Oggi, i produttori hanno tutte le carte in mano. In questo contesto, frammentare il mercato interno non porta ad un abbassamento dei prezzi bensì ad un aumento.

2. La seconda cosa da fare è interconnettere il mercato europeo, affinché il gas possa essere convogliato ovunque sia necessario. Questo significa creare una rete di trasporto pan-europea.

3. Terzo, la domanda deve essere gestita da politici e regolatori, che hanno gli strumenti per incentivare l’efficienza energetica e favorire l’utilizzo di altre fonti energetiche. Le problematiche ambientali vanno bilanciate con l’obiettivo di assicurare la sicurezza energetica.

Questi tre accorgimenti potranno limitare i rischi di una carenza di gas, ma non modificano la situazione di fondo. Niente può cambiare il fatto che, per il futuro prevedibile, l’Europa continuerà ad essere estremamente dipendente dalle forniture di gas Algerine e Russe.

Gazprom sarà il pilastro della sicurezza energetica in Europa nei prossimi decenni. Per renderci conto dell’importanza di Gazprom per la sicurezza energetica europea, vi basterà pensare che Lituania, Finlandia, Latvia e Slovacchia dipendono dalla Russia al 100%, l’Ungheria all’80%, la Germania al 50% e la Francia al 30%.

E visto che questa situazione non la si può mutare, bisogna gestirla al meglio.

La politica estera di ciascun paese, e naturalmente dell’Unione Europea, dovrebbe essere volta alla creazione di legami solidi con la Russia.

Questo non è impossibile. La nuova Russia ha bisogno di avvicinarsi all’Europa. Attraverso l’Europa vuole ottenere stabilità politica e rispetto. Inoltre, cerca di monetizzare le sue immense risorse naturali, e vuole modernizzare il paese con un’iniezione di tecnologia occidentale.

Noi Europei abbiamo molto in comune con i Russi: una lunga storia, una cultura condivisa e i valori delle nostre radici cristiane. E’ su queste basi che i nostri leader possono e devono costruire un’Europa allargata, prosperosa, e certa della propria sicurezza energetica.

In tutto ciò, anche il mondo dell’industria può dare una mano. E’ compito delle principali società energetiche, come Eni, operare accanto ai politici europei per creare legami commerciali e tecnologici con la Russia, legami che sommati ad una politica estera saggia e oculata, contribuiscano alla nostra sicurezza energetica.

Grazie per la vostra attenzione.

lunedì 5 febbraio 2007

"Rendiamo sicura l’energia" – Discorso di Paolo Scaroni al Workshop Internazionale dell’Aspen Institute

Washington, 5 febbraio 2007
Il tema della sicurezza degli approvvigionamenti energetici è di fondamentale importanza per i Governi, le compagnie energetiche e i consumatori. Paolo Scaroni, AD Eni, affronta separatamente il problema nel mercato del petrolio e in quello del gas. Il settore petrolifero è caratterizzato da una ciclicità che periodicamente fa alzare e abbassare i prezzi del greggio, senza creare problemi di approvvigionamenti. Il rischio di carenza di gas invece è reale, soprattutto in Europa. Secondo Scaroni questo potrebbe essere fronteggiato adottando liberalizzazioni che creino una reale competizione tra i produttori senza indebolire gli operatori esistenti, costruendo infrastrutture GNL e interconnettendo il mercato europeo. Politici e regolatori dovrebbero saper gestire le problematiche legate agli approvvigionamenti con quelle di natura ambientale. Questi provvedimenti limiterebbero la dipendenza dell’Europa dall’estero, ma Gazprom sarà comunque il pilastro della sicurezza energetica in Europa nei prossimi decenni. Per questo, sostiene Scaroni, la politica estera dell’UE e dei Paesi membri deve cercare di stringere solide relazioni con la nuova Russia, ormai sempre più vicina all’Europa e a noi europei, che con i russi condividiamo cultura e radici cristiane. E in questo senso fondamentale è il contributo di società come Eni nel creare legami commerciali e tecnologici volti a garantire la sicurezza energetica.

Istituto Aspen: Workshop Internazionale “Rendiamo sicura l’energia”.

Prima sessione – Sicurezza negli approvvigionamenti e aumento dei costi: l’impatto sulla politica estera americana ed europea.

Lunedì 5 febbraio 2007

Buongiorno signore e signori.

Il tema della sicurezza degli approvvigionamenti energetici sta emergendo come fattore chiave per il futuro – e non soltanto per quelli di noi che lavorano nell’industria del petrolio e del gas. E’ un argomento chiave per i Governi, per il mondo degli affari, e, ovviamente, per i consumatori, poiché tutti fanno affidamento su una fornitura costante di energia.

Oggi, vorrei raccontarvi dove penso nascano i problemi e cosa possiamo fare per risolverli.

La prima domanda da porsi è se dobbiamo preoccuparci sia del gas che del petrolio.
Negli ultimi anni si è parlato di una “crisi del petrolio”, così come di timori riguardanti la scarsità di gas, e le due questioni hanno finito a volte per essere confuse in un unico grande allarme energetico.

Ma la verità è che esistono profonde differenze tra il settore petrolifero e quello del gas.

Nel settore petrolifero, i prezzi relativamente elevati che abbiamo osservato, sono semplicemente il segno di un mercato che funziona ciclicamente. Sono una conseguenza diretta dei prezzi ridotti che abbiamo sperimentato negli anni novanta, che hanno scoraggiato gli investimenti nella produzione e raffinazione.

Ora, il ciclo sta prendendo la direzione opposta. I prezzi del petrolio relativamente alti hanno determinato un rallentamento della richiesta e generato un’ingente quantità di investimenti nell’esplorazione e nella produzione, con un conseguente abbassamento dei prezzi.

Nel mercato del petrolio il problema non riguarda la sicurezza dell’approvvigionamento. E’ semplicemente una questione di prezzo, che aumenta e diminuisce ciclicamente, così come è sempre accaduto.

Tornando al gas, tuttavia, la sicurezza degli approvvigionamenti è un argomento più complesso.

Il primo problema riguarda il consumo. I prezzi bassi del gas che abbiamo sperimentato negli anni novanta, unitamente alla maggiore attenzione riguardo i fattori ambientali, hanno causato un rapido aumento del consumo in tutto il mondo.

Tra il 1998 e il 2005, il consumo globale di gas è aumentato di circa il 3% annuo – quasi il doppio della crescita di consumo del petrolio.

Oggi il gas rappresenta il principale combustibile utilizzato per la generazione di energia in tutto il mondo. Negli ultimi dieci anni, il 90% di tutta la nuova capacità di produzione termica degli Stati Uniti e dell’Europa si è basato sul gas.

Non sorprende che questa “corsa al gas” abbia spremuto le riserve e alzato i prezzi.

Nel 1998, il prezzo del gas nel Regno Unito era di circa 2 $/MBtu. Nel dicembre del 2005, il prezzo medio era salito addirittura a 15 $/MBtu. Persino oggi, quando l’Europa sta attraversando uno degli inverni più miti mai registrati, il prezzo è di circa 6 $/MBtu.

Siamo altamente dipendenti dal gas e stiamo fronteggiando prezzi molto alti.

In un mercato normale con un normale ciclo di produzione, la situazione si correggerebbe in maniera naturale. I prezzi alti porterebbero a maggiori investimenti nell’esplorazione e nella produzione, e alla fine i prezzi scenderebbero di nuovo.

Ma il mercato del gas ha delle regole diverse. Giusto per portarvi un esempio, se qualcuno domani scoprisse un gigantesco giacimento di gas in Sud Africa o in Australia, la nuova scoperta non avrebbe assolutamente impatto sulla fornitura e sul prezzo del gas in Europa o in US almeno per un decennio. Questo è il tempo necessario per la realizzazione le infrastrutture – in questo caso terminali LNG – necessarie per trasportare il gas da dove lo si estrae fino a dove lo si consuma.

Oggi il gas è ancora in gran parte trasportato da Paesi vicini tramite gasdotti.

Questo modello punto-punto impedisce al mercato del gas di divenire globale come quello del petrolio. Infatti, a livello mondiale, abbiamo soltanto una serie di mercati regionali del gas, di cui i più grandi sono l’Europa e gli US.

Ovviamente, questi mercati sono molto diversi l’uno dall’altra.

In primo luogo, l’Europa non possiede molti giacimenti di gas propri. Sebbene consumi il 20% del gas mondiale, detiene soltanto il 2% delle riserve globali.

Il gas arriva in Europa principalmente da Paesi limitrofi tramite gasdotti. Tra questi, Russia e Algeria, attraverso le due compagnie di stato Gazprom e Sonatrach, vantano più del 60% delle importazioni totali – e presumibilmente aumenteranno ulteriormente la loro quota.

Ovviamente, la struttura del mercato europeo del gas conferisce un enorme potere alla Russia e all’Algeria.

La situazione negli Stati Uniti è molto più equilibrata. Il Nord America è praticamente autosufficiente, e importa solo il 3% del gas consumato.

Ma il mercato europeo del gas non è complesso solo dal punto di vista strutturale; infatti alcuni problemi sono stati aggravati da scelte politiche inadeguate.
In Europa, i politici e i regolatori si sono focalizzati sulla liberalizzazione del mercato interno – importando il modello americano, ma dimenticando che , a differenza degli Stati Uniti, l’Europa continentale non è autosufficiente per quanto riguarda gli approvvigionamenti di gas.

Come ha detto recentemente un politico europeo: “non serve a molto creare un mercato interno perfetto se i fornitori dello stesso mercato stanno creando un perfetto oligopolio”. Peggio, frammentando il potere dei compratori la liberalizzazione in Europa sta dando ancora più potere ai fornitori, creando una tendenza che favorisce l’aumento invece che la diminuzione dei prezzi.

In Europa, i consumi di gas continuano a crescere, a causa della generazione di energia elettrica tramite gas, la chiusura degli impianti nucleari, e la necessità di rispettare gli obiettivi di Kyoto, che significa più carbone e meno gas.

Considerando questa crescita nella domanda, e la diminuzione di produzione, le importazioni di gas dovranno aumentare di circa 200 bcm entro il 2014.

Dove troveremo tutto quel gas?

Circa 80 bcm arriveranno in Europa attraverso nuovi gasdotti, tra cui il gasdotto nordeuropeo che proviene dalla Russia. Gli altri 120 bcm dovranno arrivare in Europa in forma di gas liquefatto.

Questa è una quantità astronomica.

Questo significherebbe dover realizzare circa 15 nuovi rigassificatori per un investimento di circa 10 miliardi di euro. Chiunque abbia cercato di costruire anche un solo rigassificatore in Europa è consapevole della difficoltà che questo comporta.

A questo punto sarebbe necessario costruire anche 15 nuovi impianti di liquefazione, per un investimento di 40 miliardi di euro, da realizzare in Paesi “ difficili”, quali Indonesia, Nigeria and Angola. Inoltre l’Europa dovrebbe competere per il gas liquido con il resto del mondo, in particolare con la “vecchia” Asia (Giappone e Sud Corea) e la “nuova” Asia (Cina e India) che sono sempre più affamate di energia, e in particolare di gas.

Il rischio è chiaro. In Europa potremmo dover affrontare una carenza di gas.

Esistono 4 modi per ridurre questo rischio.

1. Primo, l’Europa deve capire che le liberalizzazioni funzionano solo quando anche i produttori competono tra loro. Quando i produttori si trovano al di fuori del mercato liberalizzato – come nel caso di Gazprom e Sonatrach in Europa – ogni tentativo di indebolire gli operatori esistenti porterà a prezzi più alti e a minori investimenti nelle infrastrutture.

2. Secondo, dobbiamo impegnarci per costruire infrastrutture GNL, perché questa è l’unica maniera in cui possiamo trasformare il mercato del gas regionale in un mercato che sia davvero globale.

3. Terzo, dobbiamo interconnettere il mercato europeo, affinché il gas possa essere convogliato ovunque sia necessario. Dobbiamo creare una rete di trasporto pan-europea.

4. Quarto, la domanda deve essere gestita da politici e regolatori, che dovrebbero fornire incentivi adeguati a favore della molteplicità delle risorse e dell’efficienza energetica, bilanciando le problematiche ambientali con la sicurezza energetica. Penalizzare l’uso del carbone o dell’energia nucleare, in un momento in cui la fornitura di gas è limitata, renderà più complicato raggiungere la sicurezza negli approvvigionamenti.

Questi 4 accorgimenti limiteranno i rischi di una carenza di gas, ma non avranno influenza sul fatto che l’Europa continuerà a dipendere dall’Algeria e dalla Russia.

Gazprom in particolare sarà il pilastro della sicurezza energetica in Europa nei prossimi decenni.

La politica estera di ciascun Paese europeo, e naturalmente della UE, dovrebbe cercare di creare dei legami solidi con la Russia. La nuova Russia si vuole avvicinare all’Europa. Attraverso l’Europa vuole ottenere stabilità politica e rispetto. Cerca di proteggere la Siberia e capitalizzare le sue risorse immense, modernizzando il Paese con una enorme iniezione di tecnologia occidentale.

Noi europei abbiamo molto in comune con i Russi: una lunga storia, una cultura condivisa e i valori delle nostre radici cristiane. E’ su queste basi che i nostri leader devono costruire una Europa allargata, prosperosa, e certa della propria sicurezza energetica.

E’ compito delle principali società energetiche, come Eni, operare accanto ai politici europei per creare i legami commerciali e tecnologici con la Russia che contribuiscano alla nostra sicurezza energetica.

Grazie per la vostra attenzione.