giovedì 30 novembre 2006

La cultura dell'energia - di Roberto Poli e Paolo Scaroni

È stato pubblicato il primo volume dell’Enciclopedia degli Idrocarburi, edita dall’Istituto dell’Enciclopedia italiana Treccani e promossa dall’Eni. Ecco la presentazione dell’opera firmata da Presidente e Amministratore Delegato del Gruppo Paolo Scaroni.

Gli idrocarburi sono stati nel ventesimo secolo e rimarranno nei prossimi decenni la fonte energetica di gran lunga più importante, motore dello sviluppo economico e industriale, fattore determinante dell’organizzazione sociale, materia prima strategica al cui destino si sono strettamente intrecciati alleanze, conflitti, questioni geopolitiche e di sicurezza.
Nessun altro settore dell’economia presenta livelli paragonabili di complessità e di incertezza ed è in grado di giocare un ruolo altrettanto rilevante sullo scacchiere internazionale. Conoscere il mondo degli idrocarburi, la loro storia, le caratteristiche tecniche e le prospettive costituisce una chiave di lettura indispensabile per la comprensione dei sistemi internazionali attuali e del loro sviluppo futuro.

L’Enciclopedia degli Idrocarburi dell’Eni nasce con lo scopo di offrire al lettore, specialista e non, una visione chiara e dettagliata di questo settore, affrontando gli aspetti relativi alle vicende storiche, le conoscenze scientifiche, gli elementi e le interrelazioni attraverso cui si articola la catena del valore dell’industria oil and gas, gli sviluppi tecnologici in atto e prevedibili, gli aspetti economici e giuridici che ne influenzano le prospettive.

La prima edizione di quest’opera fu voluta da Enrico Mattei – fondatore e primo presidente dell’Eni, allora E.N.I. (Ente Nazionale Idrocarburi) – che, introducendo nel 1962 l’Enciclopedia del Petrolio e del Gas Naturale, ne sottolineava i caratteri di innovatività tecnico-scientifica, di necessità strategica e di urgenza ideale. Innovatività scientifica, in quanto prima raccolta approfondita e sistematica di monografie nel campo degli studi sulla ricerca e sulla utilizzazione degli idrocarburi nei vari settori industriali e delle cognizioni tecnologiche alla base dell’industria petrolifera. Necessità strategica per un paese – l’Italia di allora, “comparsa per ultima sulla scena petrolifera mondiale” – nel quale l’Eni radicava profondamente la propria missione di contribuire allo sviluppo economico nazionale, operando attivamente a livello internazionale.

Urgenza ideale, infine, per l’esigenza di illustrare le “intraprese e le figure degli uomini che alla valorizzazione di questa sostanza hanno dedicato le loro migliori energie” e per concretizzare la vocazione alla diffusione delle conoscenze in quanto obiettivo connaturato al successo industriale. Nei cinquant’anni della sua storia, iniziata all’indomani della fine della Seconda Guerra Mondiale in un’Italia povera di materie prime, l’Eni è diventata una delle principali compagnie internazionali del petrolio e del gas del mondo, oggi presente in circa settanta paesi dove opera in modo responsabile verso i propri stakeholder, investendo nelle persone e nella loro valorizzazione, partecipando allo sviluppo sostenibile attraverso l’integrazione dei temi sociali e ambientali nel processo di crescita.
Guardando indietro alle fasi di inizio delle attività, appaiono nelle loro reali dimensioni la misura del percorso compiuto dall’Eni e la sua capacità di affrontare con successo le numerose sfide che hanno costellato tale cammino. Il patrimonio tecnologico, imprenditoriale e culturale costruito sino a oggi costituisce un requisito indispensabile per affrontare con successo le nuove, complesse prospettive del futuro.
All’inizio del nuovo millennio, il sistema energetico appare oscillare tra due estremi. Da un lato l’emergere di tematiche innovative e nuovi protagonisti, che prefigurano sviluppi radicalmente diversi rispetto al passato; dall’altro il riproporsi di problematiche irrisolte che hanno periodicamente costellato la storia degli idrocarburi.

Guardando ai fenomeni nuovi, lo scenario che si prospetta nell’evoluzione del sistema economico appare caratterizzato da una costante crescita della domanda di energia, con tassi di incremento e provenienze geografiche profondamente diversi rispetto al passato. La strategia dell’industria oil and gas nei prossimi decenni è dominata da due elementi: il primo, tradizionale, è rendere disponibili ai mercati quantità crescenti di idrocarburi; il secondo, nuovo, è operare in linea con la forte richiesta di qualità ambientale.
Verso questi obiettivi convergono i radicali progressi delle scienze e la rapidità dell’innovazione tecnologica, la pervasività della nuova dimensione informatica e della comunicazione, l’entrata in gioco di fonti energetiche alternative, il cui sviluppo viene valutato soprattutto in base alla necessità e all’urgenza di conseguire una elevata compatibilità ambientale. Accanto a questi elementi fortemente innovativi, lo scenario energetico internazionale vede il riemergere di paure e problemi irrisolti che hanno accompagnato tutta la storia dell’industria petrolifera e che, generando atteggiamenti e reazioni di conservazione, possono offuscare la comprensione del nuovo e lo sviluppo delle sue opportunità. È il caso dei timori relativi all’esaurimento delle risorse, del ritorno da parte di alcuni Stati alla ricerca dell’autosufficienza energetica, del ruolo cruciale giocato dal petrolio nelle aspirazioni e nell’instabilità di ampie regioni del nostro pianeta Il sovrapporsi di vecchio e nuovo rischia di ingenerare, nel dibattito culturale come nelle politiche pubbliche e nelle scelte aziendali, viscosità di valutazione delle opportunità e di rallentare la capacità di rispondere positivamente alla domanda di energia, così come si presenta in questo secolo per provenienza, quantità e qualità. Le compagnie, in particolare, si trovano a fronteggiare una situazione in cui convivono e si influenzano reciprocamente scarsità di buone opportunità d’investimento nell’upstream, incertezza degli scenari, forte competitività in tutti i settori della filiera oil and gas, processi di liberalizzazione dei mercati, crescente regolamentazione ambientale.

Per vincere tali sfide è indispensabile una riflessione sulle strategie da perseguire e sulle nuove modalità di generazione del valore in un settore in cui – più che in qualsiasi altro business – il tradizionale dilemma tra crescita e redditività è reso più critico, in misura superiore oggi rispetto al secolo appena trascorso, dall’intensità dei capitali richiesti dai nuovi investimenti e dalla durata dei progetti. Altrettanto importante è che questi temi strategici e questi dilemmi siano al centro delle riflessioni dei decisori pubblici, delle istituzioni finanziarie, delle organizzazioni sociali sulla base di una cultura condivisa, di un insieme di informazioni aggiornate, serie ed esaurienti, capaci di dar conto delle interrelazioni nuove che si stanno determinando tra energia, sviluppo e ambiente. Per questo motivo l’Eni ha dato vita a questa nuova Enciclopedia degli Idrocarburi, per offrire a un ampio pubblico internazionale tutti gli elementi conoscitivi indispensabili a comprendere le potenzialità e le sfide di un settore decisivo per lo sviluppo equilibrato delle nostre economie e delle nostre società.
Con questa iniziativa culturale l’Eni si è posta in una direttrice sia di continuità con l’intuizione e l’opera editoriale promossa da Enrico Mattei, sia di rinnovata prospettiva. Per l’Eni oggi, in continuità con il passato, resta prioritario mantenere attivi i canali di comunicazione con tutte le realtà e i soggetti esterni, individuali e sociali, che dal suo operato derivano servizi, prodotti, ricchezza, ma anche opinioni, stimoli e reazioni in quanto cittadini e istituzioni. Al tempo stesso, per l’Eni continua a essere connaturato al proprio stile di impresa l’obiettivo di fornire un modello di lettura trasparente del proprio modo di operare sui fronti della scienza, della tecnologia e del mercato. Presentare in modo articolato e rigoroso il bagaglio delle conoscenze legate agli idrocarburi e all’energia costituisce una ulteriore manifestazione della politica dell’Eni di diffusione della cultura e della conoscenza connessa con il successo economico. Se da un lato infatti ricerca e innovazione pervadono e sostengono tutte le attività industriali, dall’altro formazione e addestramento per la valorizzazione delle risorse umane interne ed esterne costituiscono elementi indispensabili perché l’impresa consegua pienamente la propria missione.
L’inevitabile evoluzione di impostazione dell’opera si coglie invece nel fatto che concepire all’inizio del nuovo millennio un progetto di enciclopedia, per quanto settoriale, significa accettare la sfida di mettere a sistema contenuti e prospettive in rapidissimo cambiamento, confidando di raggiungere un obiettivo di completezza. Il progetto, certamente ambizioso, è stato affrontato non tanto operando – come in passato – per semplice accumulazione di voci e concetti quanto attraverso una mappatura delle trasversalità e interconnessioni di temi complessi, al cui interno grandi sintesi concettuali e tematiche organicamente collegate possono trovare la propria specifica declinazione. Il tratto più innovativo dell’Enciclopedia degli Idrocarburi è la pervasività, in tutti i volumi e i capitoli in cui si articola l’opera, della questione della sostenibilità ambientale. Lungi dall’essere una problematica separata e aggiuntiva, la tutela della salute, della sicurezza e dell’ambiente è considerata e trattata come una modalità intrinseca del sapere e dell’operare dell’Eni in questo settore. Ciò a cui si mira è far emergere un corpus di saperi aggiornato e pienamente rappresentativo della molteplice natura – tecnologica, industriale, economica e geopolitica – degli idrocarburi nel contesto delle nuove tematiche globali che intrecciano energia e ambiente e che sono destinate a influenzare in maniera sempre più radicale lo sviluppo del settore, dei sistemi produttivi, delle economie e delle società nelle diverse aree del mondo.
Questo sapere è offerto a tutti i soggetti interessati, sia nel campo specifico, sia nella società, perché ne possano trarre informazioni, conoscenza, spunti di riflessione e di consapevolezza.

(Roberto Poli e Paolo Scaroni, Presidente e Amministratore Delegato del Gruppo Eni)

Cinquantenario Scuola Mattei - il discorso di Paolo Scaroni

Riporto il link al video del discorso tenuto da Paolo Scaroni, l'amministratore delegato di Eni, in occasione dell'inaugurazione dell'Anno Accademico 2006-2007 del Master Medea e della celebrazione del cinquantenario della Scuola Mattei.

Medea è un Master in Management ed Economia dell'Energia e dell'Ambiente organizzato da Eni Corporate University. Al Master sono ammessi i laureati italiani e stranieri orientati a percorsi professionali in imprese, authorities, enti ed organismi che operano nel settore energetico ed ambientale. Al termine del Master, Eni Corporate University provvede all’inserimento di un congruo numero di allievi nelle Divisioni e Società Eni.

Guarda l’intervento di Paolo Scaroni
Guarda la presentazione del Master Medea

lunedì 27 novembre 2006

Cultura delle infrastrutture per un nuovo paradigma di crescita e sviluppo - di Paolo Scaroni

Realizzare infrastrutture nel nostro Paese richiede enorme fatica. L’AD Eni Paolo Scaroni individua in alcune caratteristiche tipicamente italiane le radici del problema: l’avversione “ipocondriaca” nei confronti di progetti nuovi, la diffidenza verso ciò che è imposto dall’alto e la furbizia tipicamente italiana, unite all’opportunismo politico, costituiscono il principale ostacolo alle necessità di sviluppo del nostro Paese.

"Buon pomeriggio a tutti.

Sono estremamente lieto di vedere tanti illustri personaggi dedicare tempo ed energie al tema delle infrastrutture. Come Presidente della Fondazione Mattei, che ha organizzato questo evento. Come Amministratore Delegato di Eni, un’azienda che sostiene da tempo la necessità di ampliare le infrastrutture nel campo dell’energia. E come Italiano. Credo infatti che lo sviluppo del nostro sistema di infrastrutture sia essenziale per costruire un futuro migliore per il paese.

Sono ormai molti anni che mi batto in prima persona per la realizzazione di infrastrutture - prima in Enel e ora in Eni - con successi alterni. Mi considero un po’ il padre di Civitavecchia e Porto Tolle. Altre volte sono stato meno fortunato, come per il rigassificatore di Brindisi. Ma se ho imparato qualcosa da tutti questi anni, è che realizzare infrastrutture in Italia richiede enorme fatica.

Non tutti i paesi hanno le stesse nostre difficoltà. Guardate ad esempio la Spagna, dove senza battere ciglio hanno costruito ben sette rigassificatori ed una linea ferroviaria ad alta velocità che attraversa il paese.

Perché gli altri riescono a investire nel loro futuro, mentre da noi ogni piccolo passo avanti richiede sforzi smisurati?

Negli anni, mi sono dato qualche risposta, che oggi vorrei condividere con voi.

Il primo problema siamo noi italiani. Accanto alle nostre straordinarie qualità nazionali, abbiamo alcune caratteristiche che ci rendono un po’ diversi. La prima è che siamo un po’ipocondriaci. Temiamo molto per la nostra salute, nonostante siamo uno dei popoli più longevi del pianeta. Abbiamo soprattutto paura di tutto ciò che non conosciamo o non capiamo. Ricordate che, quando è scoppiata in Estremo Oriente la pandemia di aviaria, l’Italia è stato il paese in Europa con il più grosso calo di vendite di pollame?

Naturalmente, queste paure ci attanagliano anche quando di parla di infrastrutture. TAV? Neanche a parlarne. Ripetitori per telefonini? Vade retro. Rigassificatori? Benché non si sia mai verificato un incidente ed in Giappone – paese altamente sismico – ce ne siano 24 dicesi 24 in funzione da trent’anni, i nostri concittadini continuano a guardarli con estremo sospetto. Noi italiani guardiamo con diffidenza anche le linee ad alta tensione, e anche le più modeste linee a bassa tensione che ci portano a casa l’elettricità, nonostante queste esistano in tutti i paesi del mondo.

Ma queste fobie ipocondriache vengono aggravate da un’altra nostra caratteristica nazionale: la diffidenza radicata per qualunque indicazione che si riceve dall’alto. Sarà per ragioni storiche. L’Italia viene, dopotutto, da un passato di oppressione da parte di austriaci, francesi e spagnoli. Fatto sta che non ci fidiamo delle scelte che vengono fatte dalla politica o da altre istituzioni.

Non ci basta, quindi, che esperti dal Ministero della Sanità o del Ministero delle Infrastrutture ci rassicurino dell’ assoluta sicurezza di una nuova infrastruttura. Non ci basta che altri paesi l’abbiano da anni in esercizio senza incidenti. Rimaniamo diffidenti e qui scatta la nostra terza caratteristica nazionale: la furbizia che si estrinseca nel motto nazionale “acca nesciuno è fesso”. E quindi fobie ipocondriache, diffidenza e furbizia portano alla naturale reazione dei nostri concittadini a qualunque progetto infrastrutturale: “Perché proprio qui? Non potete farlo da un’altra parte?”.

A noi tutto ciò sembra ovvio e naturale: Vorrei però farvi presente che non è così dappertutto. Ci sono anche paesi come la Francia o la Spagna nei quali, anche grazie anche ad una politica di incentivi, i comuni fanno a gara per accaparrarsi nuovi progetti, come è successo proprio nei giorni scorsi per la centrale Europea di nuova generazione che verrà costruita a Marsiglia.

Gli italiani dunque sono difficili da convincere quando si tratta di realizzare infrastrutture sul loro territorio. Ma la nostra politica ci mette del suo per cui quello che è difficile diventa sostanzialmente impossibile.

Primo, i nostri politici sono perennemente alla ricerca del consenso. Seguono gli umori dell’elettorato invece che informare e formare l’opinione pubblica sulle scelte necessarie per il bene a lungo termine dell’Italia e degli italiani.

Ma questa propensione a “pedalare in discesa” non è l’unica pecca della nostra politica. L’altro grosso problema è che risulta molto complicato costruire un consenso bipartisan intorno ad una grande o piccola opera infrastrutturale perché la nostra politica si divide su tutto. E non per ragioni ideologiche, ma perché se sono opposizione sono opposizione su tutto e do fiato e forza a qualunque gruppo o gruppuscolo che si oppone alle scelte della maggioranza, anche se in cuor mio le condivido. Non vorrei essere troppo pessimista, ma a volte sembra che il calcolo politico di breve termine prenda il sopravvento sull’interesse a lungo termine del paese.

Il risultato di tutto ciò è che in Italia il sistema è quasi totalmente ingessato. I nostri concittadini sono timorosi e scettici. Ed i nostri leader non sembrano capaci di costruire consensi per opere che sarebbero nel migliore interesse degli elettori.

La buona notizia è che non è troppo tardi per reagire.

La nostra politica deve prima di tutto rendersi conto che lo sviluppo infrastrutturale non è un optional. È una necessità.

E poi, e qui mi rivolgo al Ministro di Pietro, che è qui a rappresentare la politica nella stanza dei bottoni, vorrei suggerire di perseguire con coraggio una politica di realizzazione di quelle infrastrutture di cui abbiamo bisogno, anche se a breve questo potrà portare alla perdita di qualche consenso locale. A lungo termine, le politiche che vanno nella direzione giusta vengono premiate dall’elettorato. Ed all’Onorevole Tabacci, che rappresenta qui l’opposizione seria e coerente mi sento di suggerire di appoggiare i progetti infrastrutturali della maggioranza, che sono indispensabili per il benessere a lungo termine del nostro paese. Anche l’opposizione può trarre beneficio da posizioni sagge e coerenti, anche quando appoggia chi sta al potere. "

(FEEM, Fondazione Enrico Mattei - 27 Novembre 2006)

Visualizza la presentazione della Fondazione Eni Enrico Mattei sul sito www.feem.it

Vedi il video del discorso di Paolo Scaroni - su www.eni.it