lunedì 27 novembre 2006

Cultura delle infrastrutture per un nuovo paradigma di crescita e sviluppo - di Paolo Scaroni

Realizzare infrastrutture nel nostro Paese richiede enorme fatica. L’AD Eni Paolo Scaroni individua in alcune caratteristiche tipicamente italiane le radici del problema: l’avversione “ipocondriaca” nei confronti di progetti nuovi, la diffidenza verso ciò che è imposto dall’alto e la furbizia tipicamente italiana, unite all’opportunismo politico, costituiscono il principale ostacolo alle necessità di sviluppo del nostro Paese.

"Buon pomeriggio a tutti.

Sono estremamente lieto di vedere tanti illustri personaggi dedicare tempo ed energie al tema delle infrastrutture. Come Presidente della Fondazione Mattei, che ha organizzato questo evento. Come Amministratore Delegato di Eni, un’azienda che sostiene da tempo la necessità di ampliare le infrastrutture nel campo dell’energia. E come Italiano. Credo infatti che lo sviluppo del nostro sistema di infrastrutture sia essenziale per costruire un futuro migliore per il paese.

Sono ormai molti anni che mi batto in prima persona per la realizzazione di infrastrutture - prima in Enel e ora in Eni - con successi alterni. Mi considero un po’ il padre di Civitavecchia e Porto Tolle. Altre volte sono stato meno fortunato, come per il rigassificatore di Brindisi. Ma se ho imparato qualcosa da tutti questi anni, è che realizzare infrastrutture in Italia richiede enorme fatica.

Non tutti i paesi hanno le stesse nostre difficoltà. Guardate ad esempio la Spagna, dove senza battere ciglio hanno costruito ben sette rigassificatori ed una linea ferroviaria ad alta velocità che attraversa il paese.

Perché gli altri riescono a investire nel loro futuro, mentre da noi ogni piccolo passo avanti richiede sforzi smisurati?

Negli anni, mi sono dato qualche risposta, che oggi vorrei condividere con voi.

Il primo problema siamo noi italiani. Accanto alle nostre straordinarie qualità nazionali, abbiamo alcune caratteristiche che ci rendono un po’ diversi. La prima è che siamo un po’ipocondriaci. Temiamo molto per la nostra salute, nonostante siamo uno dei popoli più longevi del pianeta. Abbiamo soprattutto paura di tutto ciò che non conosciamo o non capiamo. Ricordate che, quando è scoppiata in Estremo Oriente la pandemia di aviaria, l’Italia è stato il paese in Europa con il più grosso calo di vendite di pollame?

Naturalmente, queste paure ci attanagliano anche quando di parla di infrastrutture. TAV? Neanche a parlarne. Ripetitori per telefonini? Vade retro. Rigassificatori? Benché non si sia mai verificato un incidente ed in Giappone – paese altamente sismico – ce ne siano 24 dicesi 24 in funzione da trent’anni, i nostri concittadini continuano a guardarli con estremo sospetto. Noi italiani guardiamo con diffidenza anche le linee ad alta tensione, e anche le più modeste linee a bassa tensione che ci portano a casa l’elettricità, nonostante queste esistano in tutti i paesi del mondo.

Ma queste fobie ipocondriache vengono aggravate da un’altra nostra caratteristica nazionale: la diffidenza radicata per qualunque indicazione che si riceve dall’alto. Sarà per ragioni storiche. L’Italia viene, dopotutto, da un passato di oppressione da parte di austriaci, francesi e spagnoli. Fatto sta che non ci fidiamo delle scelte che vengono fatte dalla politica o da altre istituzioni.

Non ci basta, quindi, che esperti dal Ministero della Sanità o del Ministero delle Infrastrutture ci rassicurino dell’ assoluta sicurezza di una nuova infrastruttura. Non ci basta che altri paesi l’abbiano da anni in esercizio senza incidenti. Rimaniamo diffidenti e qui scatta la nostra terza caratteristica nazionale: la furbizia che si estrinseca nel motto nazionale “acca nesciuno è fesso”. E quindi fobie ipocondriache, diffidenza e furbizia portano alla naturale reazione dei nostri concittadini a qualunque progetto infrastrutturale: “Perché proprio qui? Non potete farlo da un’altra parte?”.

A noi tutto ciò sembra ovvio e naturale: Vorrei però farvi presente che non è così dappertutto. Ci sono anche paesi come la Francia o la Spagna nei quali, anche grazie anche ad una politica di incentivi, i comuni fanno a gara per accaparrarsi nuovi progetti, come è successo proprio nei giorni scorsi per la centrale Europea di nuova generazione che verrà costruita a Marsiglia.

Gli italiani dunque sono difficili da convincere quando si tratta di realizzare infrastrutture sul loro territorio. Ma la nostra politica ci mette del suo per cui quello che è difficile diventa sostanzialmente impossibile.

Primo, i nostri politici sono perennemente alla ricerca del consenso. Seguono gli umori dell’elettorato invece che informare e formare l’opinione pubblica sulle scelte necessarie per il bene a lungo termine dell’Italia e degli italiani.

Ma questa propensione a “pedalare in discesa” non è l’unica pecca della nostra politica. L’altro grosso problema è che risulta molto complicato costruire un consenso bipartisan intorno ad una grande o piccola opera infrastrutturale perché la nostra politica si divide su tutto. E non per ragioni ideologiche, ma perché se sono opposizione sono opposizione su tutto e do fiato e forza a qualunque gruppo o gruppuscolo che si oppone alle scelte della maggioranza, anche se in cuor mio le condivido. Non vorrei essere troppo pessimista, ma a volte sembra che il calcolo politico di breve termine prenda il sopravvento sull’interesse a lungo termine del paese.

Il risultato di tutto ciò è che in Italia il sistema è quasi totalmente ingessato. I nostri concittadini sono timorosi e scettici. Ed i nostri leader non sembrano capaci di costruire consensi per opere che sarebbero nel migliore interesse degli elettori.

La buona notizia è che non è troppo tardi per reagire.

La nostra politica deve prima di tutto rendersi conto che lo sviluppo infrastrutturale non è un optional. È una necessità.

E poi, e qui mi rivolgo al Ministro di Pietro, che è qui a rappresentare la politica nella stanza dei bottoni, vorrei suggerire di perseguire con coraggio una politica di realizzazione di quelle infrastrutture di cui abbiamo bisogno, anche se a breve questo potrà portare alla perdita di qualche consenso locale. A lungo termine, le politiche che vanno nella direzione giusta vengono premiate dall’elettorato. Ed all’Onorevole Tabacci, che rappresenta qui l’opposizione seria e coerente mi sento di suggerire di appoggiare i progetti infrastrutturali della maggioranza, che sono indispensabili per il benessere a lungo termine del nostro paese. Anche l’opposizione può trarre beneficio da posizioni sagge e coerenti, anche quando appoggia chi sta al potere. "

(FEEM, Fondazione Enrico Mattei - 27 Novembre 2006)

Visualizza la presentazione della Fondazione Eni Enrico Mattei sul sito www.feem.it

Vedi il video del discorso di Paolo Scaroni - su www.eni.it